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Venanzoni racconta Caravaggio

L'incontro e l'amicizia con lo storico dell'arte e grande conoscitore del Caravaggio, il Prof. Vincenzo Pacelli


Nel lontano 2006, l’allora Sindaco dottor Crescenzo Paliotta mi chiese di collaborare come consulente artistico del suo libro “ Ladispoli immagini e racconti da Caravaggio a Rossellini” nel quale si raccontava oltre alla storia della nostra città, che il Merisi dopo che con una feluca avev lasciato Napoli per ricevere la desiderata grazia dal pontefice Paolo V, finì gli ultimi giorni della sua vita (era diretto a Civitavecchia) con l'arresto e forse la morte nel castello Odescalchi (allora Orsini) di Palo Laziale attuale Ladispoli.






Sono più di cinquant'anni che io dipingo e fin da piccolo ho sempre ammirato Caravaggio sia per la sua bravura tecnica sia per la sfrontatezza delle sue opere e sapere che il suo ultimo approdo accertato era stato a pochi metri da casa mia, mi entusiasmò.


Cominciai a parlarne e a documentarmi, infatti tutti i libri sulla pittura e sulla vita del pittore, parlavano dell'arresto a Palo laziale, ma tale evento veniva ignorato da storici, giornalisti, critici d'arte. Ero l’unico.


Dopo un primo periodo di delusione cominciai a reagire, e a pensare come raccontare agli altri l'Importanza di questa notizia dimenticata quanto importante. La mia arma era la pittura e utilizzai quella.


Non ebbi dubbi: “l'arresto di Caravaggio a Palo Laziale” era l’opera che mi serviva per risvegliare la curiosità su un evento importante, avvenuto nel lontano 1610 sulle nostre coste, con un dipinto storico e figurativo che rappresentasse con una grande tela di cm.175x230 l'ultimo approdo del Merisi e forse la sua morte.


L'arresto del Caravaggio a Palo - G.Venanzoni

Ovviamente il primo passo con il dipinto era stato fatto, ma non bastava serviva qualcos’altro.

Tra i libri che comprai per informarmi ci fu quello di Vincenzo Pacelli “L'ultimo Caravaggio-il giallo della morte: un omicidio di stato” che non solo parlava dell'ultimo approdo, ma anche della ipotesi che la morte fosse avvenuta proprio a Palo, per omicidio.


Con l'aiuto di un amico (Francesco D'Antuono) presi coraggio e telefonai al grande professore che con mia meraviglia non solo mi ringraziò per la telefonata, ma volle conoscermi dal momento che a giorni sarebbe venuto da Napoli a un convegno a Roma proprio su Michelangelo Merisi da Caravaggio.


Vorrei ricordare che il prof. Pacelli fu lo scopritore delle ultime lettere storiche sulla morte dell'artista.


La prima di queste, del 29 luglio de 1610, era stata inviata al nipote del Pontefice Scipione Borghese da Deodato Gentile, Nunzio Apostolico di Napoli, nella quale chiedeva il motivo per cui Caravaggio non fosse giunto ancora a Roma per ritirare la grazia.


Il povero Caravaggio di lì a poco, sarebbe morto a porto Ercole poiché, dopo aver attraccato a Palo con la feluca sulla quale viaggiava, ivi fu arrestato dal capitano delle guardie spagnole di stanza al castello “e la felluca, in quel romore, tiratasi in alto mare, se ne ritornò a Napoli, il Caravaggio, restato in pregione, si liberò con un’sborso grosso di denari, e per la terra, e forse à piedi si ridusse sino à porthercole, ove ammalatosi ha lasciato la vita”.

La feluca nel frattempo, ritornata a Napoli,“riportò le robbe” (tre dipinti ndr) a casa della Marchesa Sforza Colonna, che “habita a Chiaia”, a Palazzo Cellammare, proprio da dove era partito il Caravaggio.


Questa la versione storica a tutt’oggi ritenuta veritiera, nonostante alcune incongruenze.


Ma un’altra importante testimonianza, è di Giovanni Baglione che ne “Le vite de’ pittori, scultori ed architetti”, di qualche anno dopo (1642), non parla più di Porto Ercole ma descrive così le ultime ore del Caravaggio.

Arrivato ch'egli fu sulla spiaggia fu in cambio fatto prigione e posto dentro le carceri ove per due giorni ritenuto e poi rilassato, più la felluca non ritrovava, sì che postosi in furia, come disperato andava per quella spiaggia sotto la sferza del sol leone a vedere se poteva in mare ravvisare il vascello che le sue Robe portava. Ultimamente arrivato in un luogo della spiaggia misesi in letto con febbre maligna e senza aiuto umano tra pochi giorni morì malamente come appunto male havea vivuto”.

Forse la “spiaggia” a cui fa riferimento è Civitavecchia. Ma lo sbarco a Palo è ormai attestato da tutti gli storici e se morì su quelle stesse spiagge…


Alla prossima puntata.


Guido Venanzoni

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