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Storie dietro la tela

L’Osteria Romana e l’osteria perduta


Una tradizione nella pittura di genere è mostrare la vita di tutti i giorni nelle sue manifestazioni più popolari e goderecce. Sono famose le opere di artisti che dal 500 in poi hanno dipinto tavolacci consumati, imbanditi di povere stoviglie ricche di pietanza. Senz’altro una visione diversa dalle fastose nature morte barocche, così piene di frutti a dir poco esplosivi, fiori colorati, e utensili di rara bellezza dal difficile utilizzo a tavola.

Le scene più semplici sono quelle che più di tutte ci mettono a nostro agio, al punto da stimolarci l’appetito; un pollo arrosto, un pezzo di pane e un bicchiere di vino sono l’accordo maggiore perfetto. Se li contestualizziamo in una situazione evocativa adeguata il gioco è fatto; abbiamo tutti gli ingredienti per la buona riuscita di un quadro.

L’Osteria; il predecessore del nostro ristorante. Un posto più raccomandabile di giorno, decisamente meno consigliato di sera. Un convoglio di esperienze di vita e di personaggi, dottori, banchieri, artigiani, gendarmi, bari, assassini, ruffiani e donne di malaffare; una canzone di De André. Si pensi che nel cinquecento erano proprio questi i luoghi dove il Caravaggio scoprì i volti più celebri e interessanti dei suoi dipinti; quei banditi che il pittore santificò nelle sue tele scandalizzando la “Roma bene” prebarocca.

Un pittore Danese, il maestro Carl Heinrich Bloch, si trasferì a Roma verso la metà dell’ottocento dopo un lungo periodo nei paesi bassi a studiare Rembrandt e i maestri fiamminghi. Il pittore è famoso per i dipinti ispirati alla vita di Gesù, ma allo stesso tempo la sua carriera artistica, seppur breve, presenta scene di genere di ispirazione tipicamente popolare italiana. Il suo capolavoro è proprio l’Osteria Romana, una tela realizzata come tributo al suo maestro Willhem Maarstrand che dipinse una “Osteria Italiana”, anche lui, durante un lungo soggiorno a Roma.



L’opera di Bloch regala un impatto emotivo molto più deciso rispetto a quello del suo maestro. Non possiamo fare a meno di guardare le due donne che maliziose ci contraccambiano occhiate timide e furbe; ma non possiamo nemmeno evitare di fare i conti con il loro accompagnatore: un ceffo pronto a tirare fuori il coltello, e che ha tutta l’aria di essere infastidito da noi. Con l’osteria di Bloch abbiamo una visione molto veritiera e documentata di quei posti dove l’immaginazione incontra personaggi della tradizione romanesca come il poeta Gioacchino Belli, o i leggendari Meo Patacca e il Marchese del Grillo.

Una pittrice di origine polacco-danese, Elisabeth Lisinska, dipinse a sua volta un tributo al

maestro Maarstrand, una “Osteria Italiana”, dove possiamo ammirare delle figure simili nelle fattezze e nella gestualità al capolavoro del maestro, ma in un’ambientazione all’aria aperta, con dei commensali più numerosi e addirittura un giovane stornellatore. Il dipinto è andato perduto, e l’unica testimonianza resta una foto in bianco e nero.



Nell’ottocento si è manifestato uno spiccato interesse da parte degli artisti Nord Europei, e non solo, per le tradizioni Italiane; questo “Italianismo” è un fenomeno che ancora oggi, fra verità, stereotipi e leggende, si manifesta in una visione senz’altro più moderna e cosmopolita. Sarà lo spirito mediterraneo ci contraddistingue a conquistare da secoli ammiratori provenienti da ogni angolo del pianeta?




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