Le odalische d’occidente
Non si può parlare di Orientalismo senza parlare di Esotismo, e l’esotismo è un nome che possiede, di per sé, una carica già fin troppo erotica.
Anche parlando solamente di arte, ci riferiamo a un fenomeno storico di un peso specifico importante, sia dal punto di vista culturale, ma anche politico e sociale.
Con questo articolo non si vuole varcare il confine dell’arte toccando contesti politici spigolosi, che sono comunque di forte interesse. Si tenga conto che parliamo di un’epoca coloniale, con tutto quello che comportano le varie sfaccettature di questo incredibile prisma.
C’è stato un tempo in cui la fantasia dell’uomo medio occidentale spaziava, sognante, in paesi lontani ricchi di storie, leggende, scoperte geografiche e archeologiche.
In questo contesto socio-culturale, la pittura, l’opera teatrale e la letteratura, hanno creato un dialogo fatto di tele, storie, costumi e scenografie senza precedenti. Se dovessi riassumere l’Orientalismo in poche righe lo definirei un Viaggio che esce dal tempo e parte da un Maghreb fatto di tramonti sulle dune e truppe cammellate; si sposta sulle note trionfanti dell’Aida passando in medio oriente tra bianchi minareti e mercati di spezie. Solca il mare dell’India con i pirati di Salgari; va verso la Cina dove vive Turandot e muore in Giappone con Cho-Cho san. Assurdo vero? Il fatto più interessante di questo meraviglioso viaggio è che moltissimi artisti, considerabili "pittori di odalische" non hanno mai lasciato l’Europa.
Ergo l’Orientalismo, in questo caso, è principalmente la manifestazione artistica dei sogni e desideri dell’uomo medio occidentale moderno; e questo ne è il lato più interessante. Andiamo per gradi e parliamo di pittura.
Il fenomeno potrebbe considerarsi uno strascico di quello che è stato il più grande calderone di suggestioni artistiche mai visto prima; il romanticismo. Verità. Eppure è sorprendente come forme di Orientalismo nell’arte esistano già, in modo forse inconsapevole, dal mille e seicento; per approdare, poi più che intenzionalmente, in un fine ottocento fatto di figure femminili suadenti, lascive, seminude, circondate da varia oggettistica di fattura arabesca.
Qualcuno potrebbe vedere il fenomeno nella sua versione moderna come un ritorno al barocco, o un espediente per riportare tale corrente in voga. Non lo troverei del tutto errato. Per la pomposità, e la ricchezza di elementi non avrebbe nulla da invidiare a un barocco nostrano o fiammingo. In fin dei conti l’orientalismo è un gioco del tutto europeo. Che, ancora oggi, vive dei desideri, dell’immaginario e delle aspettative Occidentali verso paesi fantasticamente lontani.
La pittura ha avuto il potere di trasformare il set di posa di un qualsiasi studiolo d’artista Europeo nel palazzo del gran sultano, o in una casa di piaceri nascosta in qualche oasi del deserto. Le modelle che incarnavano perfettamente i canoni di bellezza Parigini posavano integralmente nude, o quasi, interpretando l’oggetto del desiderio da mille e una notte per una o più pose, che dureranno finché durerà il dipinto. L’avvento della fotografia e soprattutto il suo affermarsi come disciplina artistica ha sfatato una serie di miti riguardo quanto raccontato pittoricamente. Osservando le fotografie orientaliste scattate in nord Africa all’inizio del novecento possiamo renderci conto di quanto fossero diametralmente opposte le fattezze delle giovani schiave o delle “cosi presunte” Odalische. Parliamo di giovani donne che, al di là della fin troppo tenera età, erano fortemente in contrasto con le ancelle dipinte dai pittori francesi.
Tali immagini sono e resteranno, una prova di altissimo valore storico culturale, ed hanno il potere di portare su una dimensione freddamente documentale un qualcosa espresso pittoricamente come visione onirica, distorta, ma da considerarsi complementare a quella reale.
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