LETTERA A MIA MADRE
Orietta Giulianelli inaugura una nuova rubrica, l'angolo del brivido!

Mamma, lascia che sia io a fare qualcosa per te, questa volta. Che ne sapete voi altri di mia madre, di noi ?! E questa volta parlerò senza veli, senza sottintesi, voglio raccontare la tua storia perché io la conosco, conosco le tue ragioni e so quanto amore hai dato a me ed a Bernardo, a Biagio ed alla piccola Norma.
La sera, in cucina, dopo cena, certe volte ci raccontavi qualcosa della tua vita...a piccole dosi, non ci volevi turbare. Certi particolari li ho conosciuti solo da grande, ci hai sempre protetti da tutto e tutti. Sei nata a Montella in provincia di Avellino nel 1893. I nonni Mariano ed Emilia non li ho conosciuti e meno male! Tua madre era fredda e non ti aveva mai voluta. Forse anche per questo eri una bambina gracile e sempre malata, ma lei non si impietosiva neanche di fronte alle tue convulsioni, non riusciva a non pensare che tu eri il frutto della violenza subita dall'uomo che poi fu costretta a sposare. E tu non giocavi come le bambine della tua età, non fantasticavi sulla tua vita futura, magari sul vestito da sposa che ti avrebbe fatto sembrare una principessa. No, eri sempre rannicchiata su te stessa, speravi di sparire. Ai dottori al processo hai raccontato di aver cercato di morire: per ben due volte hai provato ad impiccarti, hai mangiato dei pezzi di vetro, una volta hai addirittura ingoiato due stecche del busto della nonna. Ma tutto era stato inutile, neanche la morte ti ha voluta.
Dell'incontro con papà e del vostro matrimonio, nel 1914, parlavi poco. Poco so della vostra vita prima ad Ariano e poi, dopo il terremoto dell'Irpinia nel 1930, a Correggio. Io stesso non ho mai visto un gesto affettuoso per te, tutto era dovuto e scontato e pure quando era sobrio, papà era brusco e distante. Quello che sempre ci ripetevi, però, era che saremmo dovuti essere diciassette fratelli e lo dicevi con orgoglio e disperazione perché solo noi quattro siamo riusciti a nascere e sopravvivere. Ma tu eri fatta per essere madre...le tue braccia accoglienti e le tue mani calde erano il mio posto sicuro. Eravamo per te " tutto l'oro del mondo ", ce lo ripetevi con le parole e con gli occhi. Si, è vero, eri ossessiva con le tue paure che potesse succederci qualcosa, che potessimo farci male...ma cercate di capire! Io ti capisco, mamma. E quella maledetta zingara che ti aveva predetto ancora sciagure e perdite ed il sogno ricorrente della Madonna con un bambino nero in grembo che ti diceva " Devi sacrificare un altro essere umano se vuoi salvare tuo figlio ". Sono dottore in lettere, conosco il significato simbolico del sacrificio umano ed il valore purificatore ed espiatorio del sangue nella letteratura e nella storia. Sono la prova ed il gesto estremi...non voglio giustificare, ma cercare di far capire a voi le ragioni di mia madre, o quanto meno i motivi delle sue ossessioni e di quello che ha fatto.
" Non posso sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sogno le piccole bare bianche di quegli altri, inghiottiti uno dopo l'altra dalla terra nera...per questo ho studiato magia, ho letto libri che parlavano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture e spiritismo : volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli ". Questo dichiarasti al processo.
Aliud pro alio, sangue per sangue...la prima fu Faustina. La ricordo bene. Piccola, bruttina, timida. Si confidava con te mamma, ti apriva il cuore e tu le facevi le carte. Non riusciva ad accettare la solitudine e le chiacchiere di paese. Non avere un marito per lei era un marchio a fuoco e così la scegliesti per il sacrificio. Le dicesti di aver trovato per lei un buon partito a Pola ; la notizia doveva rimanere segreta per non scatenare invidie e la aiutasti a scrivere cartoline ai pochi parenti e amici nelle quali diceva di non cercarla perché stava bene, era felice. Quel giorno, prima di partire ti venne a salutare...tu la attendevi. Un attimo di distrazione e la colpisti a morte con la scure, trascinasti il corpo in uno stanzino e sezionasti il cadavere. Il sangue lo raccogliesti in un catino. Ho letto nel tuo memoriale : " Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica che avevo comperato per fare il sapone e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero , cioccolato, latte e uova, oltre ad un poco di margarina e mescolai il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe ed io " * . Mamma, li facesti mangiare anche a me! Volevi fortificarmi, lo so, volevi esorcizzare la paura che fossi chiamato al fronte. E poi da buona contadina non ammettevi lo spreco, quel corpo non poteva essere gettato in una fossa a marcire.
E poi fu la volta di Clementina Soavi e poi di Virginia Cacioppo. Virginia veniva spesso da noi. Aveva un portamento altero, la voce impostata, aveva mantenuto la classe di una vera artista nonostante l'età e la miseria. Il copione era lo stesso : una bella occasione lavorativa a Firenze, segretaria di un dirigente teatrale che, chissà, avrebbe potuto aiutarla a reinserirsi nell'ambiente della musica lirica. 30 settembre 1940 - solita scure..." Finì nel pentolone, come le altre due...la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori : quella donna era veramente dolce " *.
Ricordo quando ti arrestarono mamma, arrivarono dalla Questura di Reggio Emilia. Tu non ti opponesti ma ci guardasti con aria smarrita. Al processo che iniziò nel 1942 dichiarasti di aver salvato così i tuoi figli dalle maledizioni e che non avresti potuto fare altrimenti. Arrestarono anche me, sembrava impossibile che una donna di piccola statura ed avanti con gli anni avesse potuto fare tutto da sola. Ripetevi di essere l'unica responsabile e mi dedicasti il tuo ultimo atto di amore : davanti a magistrati ed avvocati sezionasti, in soli dodici minuti, il cadavere di un vagabondo morto in ospedale e dimostrasti di conoscere le tecniche di saponificazione. Mi hai di nuovo salvato, mamma...alla fine del processo, nel 1946, solo tu fosti condannata a trenta anni di reclusione. Quelle sale colloqui del manicomio criminale di Aversa prima e poi di Pozzuoli le conosco come le mie tasche, ti sono stato vicino sino alla fine, quando quell'ictus ti ha portato via.
Sono e resterò per sempre tuo figlio, mamma, il figlio della " Saponificatrice di Correggio ", il figlio di Leonarda Cianciulli.
Tuo Giuseppe
* Brani tratti dal presunto memoriale " Confessioni di un'anima amareggiata " scritto da Leonarda Cianciulli durante la sua detenzione. (Tutti i diritti sono riservati)
di Orietta Giulianelli
Orietta Giulianelli è avvocato dal 1990, iscritta all’Ordine di Roma. Esperta in diritto del lavoro e diritto di famiglia. Diplomata in Scienze Criminologico Forensi presso l’Università ” La Sapienza ” di Roma nel gennaio 2014 con tesi dal titolo ” Senso di colpa ed il principe ranocchio” (110 e lode/ 110 e pubblicazione della tesi). Vincitrice del premio in criminologia Benigno di Tullio per l’A.A. 2012/2013 assegnatole dalla Fondazione Roma Sapienza. Iscritta dal gennaio 2014 alla S.I.C. (Società Italiana Criminologia) in qualità di socio ordinario. Vive con passione fra rose, orchidee, mare e crimine…la Miss Marple della porta accanto!
