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La verità in un film

Quando un film è più esemplificativo di mille parole


Sono le 4.25, è appena finito "I nostri ragazzi", trasmesso su RAI1, film italiano del 2014 con un cast notevole: Alessandro Gassmann, Luigi Lo Cascio, Giovanna Mezzogiorno e Barbara Bobulova.

La regia è di un eccellente Ivano De Matteo.

Roma, due fratelli vanno a cena assieme alle rispettive consorti una volta al mese, un rito voluto da Massimo (Gassmann), avvocato d'alto lignaggio e mal sopportato dalla coppia Paolo (Lo Cascio) chirurgo pediatrico e Chiara (Mezzogiorno), una coppia progressista che, con scelta mirabile (quanto voluta?) rispecchia anche la realtà, ovvero la tendenza dei due attori, notoriamente progressisti.

I due non perdono occasione per beccare lo "squalo" Massimo, che per lavoro difende i cattivi (che naturalmente sono incarnati nella scena iniziale da un poliziotto), lo guardano dall'alto in basso, perché loro sono superiori moralmente e se non fosse riduttivo si potrebbe dire che sono di sinistra e che tutto il resto, specie chi non la pensa come loro, è il male.

Ma non lo diciamo.


Quindi routine, vista mille volte anche nelle nostre vite. Ma poi succede qualcosa.

I loro figli, Benedetta e Michele, cugini, sono legatissimi, un rapporto quasi morboso anche se tra i due non c'è nulla di sessuale. Al termine di una festa, alticci, se ne tornano a casa e strada facendo s'imbattono in una barbona molesta. In loro (specie in Michele, figlio dei progressisti, da qualche tempo introverso e svogliato, sempre attaccato al computer) scatta qualcosa, la riempiono di botte, la trascinano per poi abbandonarla per strada.

Una bravata insomma, gravissima e intollerabile, che per fortuna viene ripresa da una telecamera di un negozio e il video, non chiarissimo, viene trasmesso in TV.

I genitori capiscono che si tratta dei loro figli e qui emerge il messaggio clamorosamente realistico (infatti questi film vengono trasmessi di notte...).

La mamma progressista (Mezzogiorno) nega a se stessa e agli altri che siano stati loro finché il figlio non confessa. Paolo, il chirurgo interpretato da Lo Cascio va in crisi e anche il rapporto con la moglie s'incrina. Unica cosa sulla quale continuano ad essere d'accordo è che Massimo, padre di Benny la sedicenne cugina di Michele, è uno stronzo, fascista e "pezzo di merda". Come finisce?

Dopo un comprensibile travaglio morale il "pezzo di merda" Massimo, avendo le prove della loro colpevolezza decide di denunciarli. La Bobulova, sua moglie, lo conforta e si ritrovano per quella che sarà l'ultima cena con Paolo e Chiara, per parlare proprio di questo.

Apriti cielo. I due compagni (ah, ricchi sfondati) non accettano tale smacco, accusano l'avvocato di ogni male sulla Terra e avendo sempre ragione loro, come notorio, fanno una scenata nel ristorante perché pur di proteggere il figlio sono ben disposti a tutto, intimamente certi che un fascista "pezzo di merda" di avvocato non può essere migliore di loro.

"Domattina vado a denunciarli" dice Gassmann/Massimo.

"Io t'ammazzo" risponde il radical chic che "opera i bambini" (come può avere torto un compagno, progressista e che opera i bambini?).

E finisce così, con Paolo che mantiene la promessa e fuori dal ristorante investe il fratello, mettendosi alle spalle tutto l'accaduto e soprattutto il sospetto che poi, in fondo in fondo, i compagni hanno ben poco di cui sentirsi superiori.

Raro esempio di film di denuncia, coraggioso, limpido, girato con encomiabile ritmo anche grazie a una sceneggiatura incisiva.

Liberamente tratto dal libro "La cena" dell'olandese Herman Koch.

Che dire? Ogni tanto l'insonnia serve a qualcosa...

MM

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