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L'ipocrisia di certa sinistra

C’è chi può e chi non può: Friedman evidentemente può


Il misfatto è ormai noto: durante la trasmissione televisiva de La7, “L’aria che tira”, condotta dalla giornalista Myrta Merlino, di qualche giorno fa, il giornalista americano Alan Friedman, riferendosi a Melania Trump (moglie di Donald Trump), l’ha definita “ESCORT”, mettendo in scena una stucchevole macchietta e facendo finta di correggersi, con un sorrisetto maligno sotto la barbetta.



La Merlino lo ha subito ripreso, non indignandosi e chiudendo il collegamento col paffuto statunitense, ma dandogli un buffetto e intimandogli di non usare più quel termine.

Badate, non lo ha ripreso concettualmente, per l’appellativo contenente una visione sessista e misogina della donna, ma lo ha bacchettato con un piglio neanche troppo deciso (pregandolo), di non usare più quel termine rivolgendosi a una donna, come se l’accusa fosse semanticamente giusta ma sbagliata solo nella forma.

Il termine dava fastidio, non il senso recondito, ma neanche troppo, dell’insulto.


E qui potremmo aprire un dibattito infinito, analizzando questo episodio dal punto di vista semantico, psicologico, sociale e, brevemente, proveremo a farlo.

Cosa cela l’insulto di Fridman a Melania?

Cela una supposta superiorità morale ed intellettuale da parte della sinistra, della quale soprattutto l’intellighenzia ne è convinta, e che permette loro di giudicare uno stesso fatto in due modi ben diversi.


A tutti i livelli. Basta parlare con un amico, un parente, sui social e l’autoreferenziata superiorità prima o poi salta fuori.

Pensate solo se quell’insulto lo avesse fatto Salvini o un leghista qualunque.

E questa inveterata abitudine, retaggio di un passato ben noto, nato e germogliato nella coscienza rivoluzionaria di inizio secolo, sulla scia degli insegnamenti marxisti messi in atto in Russia, poi in Cina, Cambogia, a Cuba e altrove, ancora oggi alberga nella sinistra specialmente italiana.


E ogni tanto, come successo a Friedman, salta fuori il rigurgito suprematista, mai lapidato come capita alla destra ma sculacciato amabilmente dalla conduttrice “politically correct” che unisce le mani in segno di preghiera e chiude l’episodio col sorriso sulle labbra.

Insomma un Friedman versione Marchese del Grillo ma più sull’intellettuale che sull’epicureo, come il personaggio interpretato dal grande Sordi.

E non si parli di lapsus, il sito Dagospia ha elencato tutti i rigurgiti di Friedman del passato e l’utilizzo reiterato del termine escort, evidentemente termine che gli sta molto a cuore.


Ma che che se ne pensi, anche la presunta offesa del prestare i propri servigi sessuali in cambio di una remunerazione economica, escort… appunto, ha una valenza non esclusivamente negativa perché, bando ai moralismi, chi ha il coraggio di fare ciò o addirittura lo fa con piacere, senza ipocrisia, credo sia degno del massimo rispetto.

In fondo il vendersi non è prerogativa esclusiva dei “dispensatori di amore a pagamento” (sì, perché anche di uomini escort ve n’è a bizzeffe), ma è un’antica e radicata caratteristica della razza umana.


Anche in questo caso il gesto è lo stesso, quello che cambia è il prodotto, l’oggetto della transazione. Ma siamo sicuri che la mercificazione del corpo (naturalmente quella fatta volontariamente, senza coercizione alcuna) sia peggiore di altre forme di prostituzione?

Siamo sicuri che soprattutto le conseguenze di tale atto siano le medesime?

Vendere il proprio corpo ha come conseguenza il donare, in modo effimero, piacere a qualcuno e, al massimo, un passaggio di denaro evadendo il fisco (in Italia, altrove anche loro pagano le tasse) ma nulla di più.


Chi vende la propria anima, chi con malafede e avidità si vende a un sistema, si spaccia per democratico e progressista, strenuo difensore dei diritti e dell’umanità, arrivando a milioni di persone (giornalisti, attori, cantanti), ma poi in realtà fa valere questi princìpi solo per gli amici mentre per i nemici riserva solo strali, offese e insulti, non è forse più dannoso?

E in questo caso, qualcuno, non potrebbe chiedersi e chiedere, chi è la vera “puttana”?


Marco Milani

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