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L'ANGOLO DEL BRIVIDO: OCCHI BASSI

ATTENZIONE. La lettura di questo articolo è sconsigliata ai minori e/o persone particolarmente sensibili.



Questa è la storia di due sorelle vissute nella provincia francese ai primi del novecento. Quando uscivano con la madre, con le loro gonne lunghe ed i fiocchi tra i capelli la gente le guardava approvando i loro modi riservati. Nessuno aveva mai avuto niente da dire su di loro. Bambine educate, schive, sempre vicine. Christine, la più grande, teneva Lèa per mano e sembrava la sua istitutrice più che la sorella maggiore. La prima intelligente e reattiva condizionava, proteggendola, la seconda, timida ed impacciata. Una coppia simbiotica, indivisibile.

Quando i genitori divorziano (si diceva in giro che il padre, Gustave, indulgesse con il vino e che avesse insidiato la più piccola delle figlie, Emilie) la signora Clemence fa trasferire le bambine in un orfanotrofio, l'Istituto del Buon Pastore, non potendole mantenere. Christine non credette mai a questa motivazione, era convinta che la madre volesse semplicemente avere maggiore libertà. Nel ricovero le ragazzine puliscono, cucinano e pregano. La madre non le va mai a trovare. Emilie entra in convento e la signora Clemence cerca una famiglia abbiente e rispettabile che assuma Christine e Lèa come domestiche così da fare entrare qualche franco in famiglia. L'unica condizione è che le due non siano separate e possano lavorare insieme. Quando raggiungono l'età di ventitre anni, Christine e diciannove Lèa ecco finalmente l'occasione giusta: la famiglia Lancelin di Le Mans le richiede a servizio. La casa dei Lancelin è un'ampia costruzione nella elegante Rue Labruyère, una casa a due piani che sembra un museo. Mobili di pregio, biancheria e tendaggi preziosi. Tutto è maniacalmente ordinato e pulito certo non per opera della signora Lanceline o della figlia nubile Geneviève. Le donne della famiglia Lancelin non si sporcano le mani. La signora Lancelin tiene molto alla forma ed è convinta che le differenze sociali abbiano ragione di esistere e tali debbano rimanere. Il capofamiglia, Renè Lancelin è un maturo avvocato, anch'egli classista e formale che detesta le beghe della organizzazione familiare e casalinga e delega con piacere alla moglie ogni cosa.

E così Christine e Lèa entrano ad occhi bassi in casa Lancelin nella primavera del 1926, scrutate da sotto in sù da sguardi taglienti e sprezzanti. Arrivano con la loro aria di ragazze di campagna, i loro abiti modesti ed i pochi effetti personali che stanno tutti in una borsetta. Lèa si ripara dietro la sorella e segue la padrona di casa che mostra loro l'alloggio di servizio, una stanzetta al piano superiore, un unico letto per entrambe ed un piccolo armadio di scarto. Il lavoro inizia subito, le cose da fare sono tante. Le faccende domestiche devono seguire un ordine fisso, non viene tollerata alcuna variazione. Quando ciò anche inavvertitamente accade, la padrona di casa le trafigge con occhi d'acciaio e le riprende con disprezzo, accanendosi soprattutto su Lèa, la più fragile. Le offese ed i maltrattamenti sono quotidiani. Non è mai contenta. Controlla che le camicie siano perfettamente inamidate, che le coperte dei letti rifatti non abbiano grinze, alcune volte passa sui mobili appena spolverati le dita coperte da un guanto di filo bianco per vedere se è stato lasciato qualche granello di polvere... e mangia cioccolatini ordinando che vengano raccattate da terra le stagnole che lei getta, mentre guarda con soddisfazione le domestiche in ginocchio. Giornate tutte uguali di duro lavoro e di maltrattamenti. Neanche la domenica rappresenta per loro uno svago, non hanno neanche un grammofono, fidanzati nemmeno a parlarne. L'unico momento di pace è quando le sorelle si rintanano nella loro stanzetta e si addormentano abbracciate.

E poi quel maledetto ferro da stiro...

E' la fine di gennaio del 1933, Lèa stira una camicia ed il ferro, già malandato, si rompe. Le urla e le offese rimbombano per la casa. La signora Lancelin ordina a Christine di provvedere a farlo riparare: decurterà la spesa dalla paga. Ma l'attrezzo è vecchio e dopo qualche giorno la sera del 2 febbraio 1933 provoca un corto circuito e la casa piomba nell'oscurità. A quei tempi non bastava agire sul quadro elettrico, era un problema di valvole da cambiare, occorreva un tecnico ed un conto salato da pagare. Le due sorelle sono sole in casa perchè la signora e Genevieve sono fuori per una festa. Si rifugiano nella loro stanza, terrorizzate. Quando sentono aprire la porta della casa e le urla di madame Lancelin, si stringono ancora di più una all'altra. Madre e figlia, incespicando, salgono al piano superiore e prendono a botte la porta. Christine esce scarmigliata mentre Lèa le fa luce con una candela. Il bagliore della fiamma rende surreale l'espressione di quelle iene inferocite...urlano, sbavano e sputano insulti...gli occhi sono fiammeggianti, insostenibili...e Christine questa volta alza i suoi e si lancia sulla madre e su quella parte di lei che più l'aveva ferita, i suoi occhi. Con le dita trasformate in ganci da macellaio glieli cava uno per volta con una furia bestiale - " come le baccanti castravano " dirà poi Jacques Lacan - Il sangue comincia a scorrere sul viso della donna che rimane stordita. E basta un cenno che anche Lèa, la timida, la dolce e spaurita Lèa obbedisce e si avventa sugli occhi di Geneviève...le due vittime barcollano, si cercano, si aggrappano l'una all'altra in quel buio ormai profondo e senza ritorno. Christine non è sazia. Scende in cucina e torna armata di coltelli ed attrezzi pesanti. I primi colpi arrivano soprattutto alle gambe ed alle cosce delle due donne ed ai loro genitali. E poi la mattanza continua con colpi e coltellate dati alla rinfusa dalle due sorelle sui corpi ormai arresi, scivolando sulla poltiglia di sangue viscido ed escrementi. Gli ultimi sussulti, le ultime contrazioni...tutto è sangue...il pavimento, le camicie da notte delle sorelle, gli attrezzi ed i coltelli intrisi...occorre pulire, riordinare. Con gesti consueti vengono lavate e riposte le lame e le pentole, cambiata la biancheria da notte.

La polizia, al suo arrivo, le troverà seminude e strette nel letto abbracciate, quasi in un atteggiamento saffico.

E per la prima volta nella loro vita vengono separate. Christine in carcere di dispera per la mancanza di Lèa e tenta di rivolgere contro se stessa la rabbia e la violenza. Deve essere costretta in una camicia di forza in attesa del giudizio. Lèa è docile e remissiva, dice di non ricordare più di avere una sorella. E la ignora anche quando gliela fanno incontrare in carcere, come se non la riconoscesse. L'opinione pubblica è divisa. C'è chi inneggia alla pena di morte, pur se di fatto abolita dal 1887, e chi le considera paladine della lotta proletaria contro il sistema. L’avvocato della difesa, Germaine Brière, commenta di aver trovato due povere ragazze al posto di due bruti. Gli psichiatri che le esamineranno le giudicheranno sane di mente.

Il processo alle sorelle Papin si conclude a settembre dello stesso anno. Christine viene condannata al taglio della testa, poi commutato in carcere a vita e Lèa, l'anello debole della coppia, a dieci anni di lavori forzati. Ma la rottura forzata della coppia è fatale per Christine che, lasciatasi andare, rifiuta di nutrirsi e muore per una infezione polmonare nel carcere di Rennes nel 1937...ripetè sino all'ultimo di essere una buona a nulla e di meritarsi la morte. Lèa scarcerata due anni prima per buona condotta, si trasferì con la madre a Nantes e, cambiato il proprio nome in Marie si impiegò come cameriera. Morì nel 2000 in un ospizio francese.

L' "affair Papin", un perfetto caso di "follia a due”.....


Orietta Giulianelli


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