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Ed io, avrò cura di te

Gli orizzonti perduti non si scordano mai


La sensualità di profumi orientali che inebriano la mente, scaldati dall’ormai tiepido sole che scompare dietro i contorni aguzzi delle montagne di chissà quale sperduta catena montuosa, tra Tidhirine, oltre i Tatra, sino a raggiungere i misteriosi Altai, penetra ovunque.

La sera scende sul mondo, preceduta da freddi venti nordici che recano con loro suoni magici e salvifici, latori di pensieri invitti.

Franco Battiato ci ha lasciato.

Immagino il tran tran in Paradiso, all’annuncio del suo arrivo, con i danzatori bulgari che si affrettano ad arroventare i bracieri sui quali poi cammineranno, mentre zingari ribelli provano i loro semplici strumenti, distratti dall’andirivieni delle giovani balinesi che sorridono coprendosi il volto.


Aromi sconosciuti aleggiano nell’aria di imminente festa, colma di elettrica attesa che neanche Radio Tirana con la sua musica balcanica riesce a stemperare.

Druidi celtici, schivi e circospetti, chinano lievemente il capo in segno di saluto nell’incrociare maestri indù, devoti a Varaha, terzo dei dieci avatar di Visnu, mentre in fondo, quasi invisibili per tutti gli altri, coppie di anziani si scambiano goffe battute, ballando al ritmo di sette ottavi per poi passare all’ondeggiante fluire di vecchi valzer viennesi.

Poi, d’improvviso, tutto sembra fermarsi all’arrivo di una vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù, e solo i dervishi turner continuano a roteare raggiungendo l’estasi, frusciando nell’aria pregna di sapori, tanto è densa.

Gesuiti euclidei, di ritorno dalla Cina, sbarcano da veloci feluche con al timone capitani coraggiosi, scampati miracolosamente agli assalti di furbi contrabbandieri macedoni, attraccando a moli celesti e fumosi d’umidità.

Tutti alla ricerca di qualcosa, di un equilibrio tra le cose terrene, di una giustizia celata tra le pieghe di vesti bruciate dal sole nei deserti del mondo, che forse colui che arriva da Ksar Rhilane potrà finalmente svelare, dopo aver lasciato Mister Tamburino tra stelle e figli di sua maestà il denaro.

Finalmente Franco potrà divertirsi e giocare raccogliendo ortiche con i suoi amici, lasciando stupide galline ad azzuffarsi su un ponte simbolo di resa di una umanità ormai dedita alla vanità e al free jazz punk inglese.

Lui vuole vederci danzare, pensano timide ragazze del Katakali con indosso sensuali cavigliere che segnano il ritmo del respiro, della vita, desideri che non invecchiano quasi mai con l’età, mentre la stagione dell’amore arriva sorprendendoci, dopo averne avute di occasioni, che non vanno rimpiante. Come si è speso male il nostro tempo che non tornerà più, per non aver combattuto abbastanza contro gli abusi di potere, di gente infame senza pudore, governanti perfetti e inutili buffoni o iene negli stadi e nei giornali, con maiali che affondano nel fango, grugnendo di disprezzo da pulpiti lerci e contaminati, offerti da un potere corrotto del quale, mi vergogno un po’.

Cambierà… non cambierà. La primavera intanto tarda ad arrivare.

Lo sai che il sogno è realtà ed ecco perché tesserò i tuoi capelli come trame di un canto, quando tornerò.

Ancora, ancora e ancora.


Marco Milani

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